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Accesso obliquo

Granular, 2019, audio synthesis, Bose speaker, player, room installation, office space (installation in the center, Luca Scarabelli )

LATO, Prato, Italy

w/Aurelio Andrighetto, Simona Barbera, Tiziano Campi, Umberto Cavenago, Ermanno Cristini, Hannes Egger, Ronny Faber Dahl, Pierluigi Fresia, Armida Gandini, Giancarlo Norese, Luca Scarabelli, Olivia Vighi

“Accesso Obliquo” nasce dall’incontro di due progetti, “Walkabout” e “A Place to Be” con un luogo, LATO, a Prato. Il collante è lo spazio, non quale contenitore ma in termini di identità; un tema questo che costituisce l’elemento portante del progetto “A Place to Be” e che in questa seconda tappa di “Walkabout” viene affrontato rincorrendo un’aporia, quella dell’esitare.

Date le caratteristiche fisiche dello spazio di LATO, qualificato dai volumi netti e dai tagli decisi dell’architettura, l’esitare appare come una sorta di contrappunto potenzialmente eleggibile a chiave di lettura del luogo. Una dimensione sospesa, fatta di discrezione, che corrisponde ad un guardare trattenuto in cui trovare la “verità” dello spazio.

Gli artisti partecipanti sono invitati a gesti minimi, per camminare in equilibrio nell’ambiguità di una “soglia in cui ci si trattiene”, fuoco di uno spazio della possibilità fatto di azione e resistenza.

Un “non esercizio” che non può non far pensare per esempio, trattandosi di spazio, a una soglia ormai eletta a metafora epistemologica, la porta di Rue Larrey. Qui il riferimento “dentro/fuori” è inversamente incrociato in una condizione di metastabilità, tale per cui ognuna delle due azioni –aprire/chiudere-, contestuali e simultanee, costituiscono reciprocamente l’affermazione e la resistenza all’altra.

“Eventi incompossibili” li definisce Vogl, o punti opachi del pensiero. Ritardi che si aprono al dubbio e entro il dubbio cercano la forma di un possibile “spiazzamento” significante.

Da un pensiero di Ermanno Cristini, Matteo Innocenti, Luca Scarabelli

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As witnesses of the previous exhibition project Walkabout at the Chocolate Factory in Switzerland, our contribution to the project Oblique Access in the space of Lato, in Prato, explores the concept of the trace as an abstract minimal poetic form.

In ‘De la grammatologie’ Jaques Derrida finds in the trace a critical complexity as a fundamental relationship between presence and absence. A trace not only consists of the inversion of the privilege of presence over absence but a presence not yet expressed. In Derrida’s deconstructive practice, the trace is like a sign within the word, a relation between temporal structures of thought.

In contemporary urban anthropology, one could think of the trace as the elaboration of the image at its source.

Inspired by the spatial configuration of the space Lato, in Prato, our work as witness activates several layers of abstraction: light frequencies, sine waves, broken pixels, and material trace from images and sound documentation of the previous exhibition project.

The UV print derives from coding processes and image rendering/deconstruction tools on the computer, while the 3′ sound piece derives from a deep manipulation of a series of audio tracks recorded from the project Walkabout. The track will be diffused in a continuous cycle for the duration of the exhibition through two small standard computer speakers, possibly arranged in an aseptic area of the exhibition space (an office room, a corner, or a regular passageway).

From a stream of digital data translated into undefined and distant relations, sound and image are presented as a cut from an altered spectrum-memory, printed, damped and diffused on a shifted time.

Simona Barbera and Ronny Faber Dahl